Mindfulness e Self-Compassion per i disturbi d’ansia
Quando diciamo “Sii gentile”, non stiamo parlando di essere gentili con gli altri (anche se è sempre una buona idea); stiamo parlando di essere gentili con noi stessi.
Sappiamo che non è un compito facile: spesso siamo molto più propensi a essere gentili con gli altri che con noi stessi. In molti studi dal 2003 a oggi, Kristin Neff, ricercatrice e professoressa presso l’Università del Texas ad Austin, ha sviluppato il concetto di auto-compassione, e lo riassume così “con auto-compassione intendiamo dare a noi stessi quella gentilezza e quella cura che daremmo a un amico in difficoltà”.
In genere, quando stiamo attraversando un momento difficile, tendiamo ad essere severi con noi stessi. Il nostro giudice interiore è fin troppo ansioso di ricordarci come abbiamo fallito (ancora una volta). L’auto-compassione consiste nel trasformare il nostro giudice interiore nel nostro sostenitore interiore.
Invece di rimproverarci, l’auto-compassione suggerisce di offrirci un’accettazione incondizionata e un dialogo interiore di supporto. Ad esempio, possiamo praticare l’auto-compassione dicendo a noi stessi qualcosa come: “questo è stato davvero doloroso”.
L’auto-compassione, come concettualizzato dalla D. ssa. Neff, comprende tre componenti:
- gentilezza verso se stessi
- comune senso di umanità
- consapevolezza.
Abbiamo già parlato dell’auto-gentilezza, che consiste nel trattarti con gentilezza e compassione, come faresti con un buon amico.
Il comune senso di umanità è la comprensione che tutti lottiamo con le sfide e che nessuno di noi vive una vita senza dolore. La sofferenza fa parte di ciò che significa essere umani: nessuno ne esce illeso. Quando accettiamo veramente la nostra comune umanità, ci rendiamo conto di quanto siamo tutti connessi. Le nostre prove non sono uniche e non siamo soli.
L’auto-compassione, quindi, ci permette di trasformare un senso di isolamento in profonda connessione, soprattutto quando stiamo soffrendo. L’umanità comune è una nozione così preziosa perché sappiamo tutti quanto sia spaventoso vivere il dolore in solitudine.
Cos’è l’auto-compassione?
La radice dell’auto-compassione è la consapevolezza, che è definita come essere completamente aperti a qualunque cosa tu stia sentendo o pensando in un dato momento.
Molti di noi sono a disagio a stare seduti con le nostre emozioni perché abbiamo paura che ci inghiottiranno per intero. La consapevolezza ci insegna a non respingere o cercare di sopprimere le nostre emozioni. Un altro aspetto della consapevolezza è riconoscere che i tuoi pensieri e sentimenti non sono uno stato permanente, che anche loro passeranno. Comprendere la natura transitoria dei pensieri e delle emozioni ci aiuta a stare lontani dell’esagerazione e dal rimuginio, quando la nostra mente va dritta a “Questa è la cosa peggiore di sempre” o “Non mi sentirò mai meglio”.
Se siamo consapevoli che nessuno stato emotivo dura per sempre, allora saremo in grado di tollerare meglio il dolore e la sofferenza. Una volta che possiamo tollerare il nostro dolore e la nostra sofferenza (usando l’auto-compassione), possiamo procedere a calmarci.
L’auto-compassione non riguarda solo il sentirsi meglio. Si tratta anche di dare a te stesso il potere di agire. Quando non siamo coinvolti nella spirale della negazione o bloccati nel rimuginio, liberiamo il nostro cervello razionale per aiutarci a risolvere i problemi.
L‘auto-compassione è correlata alla diminuzione dell’ansia e della depressione.
In termini di motivazione a cambiare comportamento, l’auto-compassione è una scelta molto migliore dell’autocritica, che rilascia gli ormoni dello stress e riduce la resilienza.
In che modo rimproverarti ti ha aiutato a gestire la tua ansia? Di solito non funziona.
L’auto-compassione ti consente di avere meno paura del fallimento e del giudizio, il che si traduce in una maggiore capacità di correre rischi.
Gli studi dimostrano che l’autocompassione ci rende (al contrario di come si potrebbe pensare) meno indulgenti con noi stessi, più responsabili e più propensi a cambiare il nostro comportamento. Ci rende anche più resilienti. Ma, cosa più importante, la ricerca mostra che l’auto-compassione è correlata alla diminuzione dell’ansia e della depressione. Quindi, come possiamo usare l’auto-compassione per gestire la nostra ansia? Come abbiamo detto prima, iniziamo parlando con noi stessi in modo molto gentile e disimpegnando il nostro giudice interiore. Se ti sorprendi a pensare: “Sono un disastro totale”, prova: “L’ansia fa parte dell’esperienza umana e a volte è disordinata”. Sostituisci “Le cose non miglioreranno mai” con: “Sto soffrendo in questo momento, ma non mi sentirò sempre così”.
Puoi chiederti: “Di cosa ho bisogno in questo momento?”
Dopo aver messo a tacere il tuo critico interiore e dato a te stesso un po’ di compassione, puoi chiederti: “Di cosa ho bisogno in questo momento?”
In altre parole, hai bisogno di stare da solo? Con altri? Un piano d’azione? Un abbraccio? Un bagno? Una passeggiata? Hai bisogno di arruolare altre risorse, come un terapeuta o il consiglio di un caro amico?
Infine, ricorda a te stesso che tutti sperimentano la sofferenza, che ciò che stai attraversando è valido e molto umano.
Concediti il permesso di sentirti ansioso, perché tutti gli umani a volte si sentono ansiosi; poi, con l’amore e la compassione che meriti assolutamente, di’ a te stesso che starai bene.