I tre problemi più comuni di chi medita
I tre problemi più comuni di chi medita
1. Perdersi nei pensieri
All’inizio, potresti essere sorpreso di quanto sia attiva e incontrollata la tua mente. Non preoccuparti: stai scoprendo la verità sullo stato della maggior parte delle menti!
Accetta e pazientemente “siediti con”, qualunque cosa accada.
Non c’è bisogno di sbarazzarsi dei pensieri; questo non è lo scopo della meditazione. Piuttosto, stiamo imparando a riconoscere quando sta accadendo nel nostro pensiero, in modo da non perderci in trance, credendo che i pensieri siano realtà, identificandoci con i pensieri.
Poiché siamo così spesso in uno stato di trance pensante, è utile calmarne alcuni. Proprio come uno specchio d’acqua agitato dai venti, dopo essere stato fisicamente fermo per un po’, la tua mente si calmerà gradualmente. Per sostenere quel calmarsi, all’inizio di ogni seduta può essere utile rilassarsi, riportando dolcemente la tua attenzione ancora e ancora alla tua base di partenza nei sensi.
Ci vuole pratica per distinguere la trance del pensiero – fantasia, pianificazione, commento, stati di sogno – dalla presenza che riceve direttamente l’esperienza mutevole di questo momento. Stabilire una consapevolezza incarnata e lasciare che la tua àncora sia in primo piano è un buon modo per acquisire familiarità con la presenza mentale.
2. Cadere in una (o più) delle cinque difficoltà classiche (chiamate “ostacoli” nei testi buddisti)
- Afferrare: desiderare di più (o qualcosa di diverso) da ciò che è presente in questo momento.
- Avversione: paura, rabbia, qualsiasi forma di allontanamento.
- Irrequietezza: energia nervosa, agitazione.
- Accidia e torpore: stati mentali e fisici assonnati e profondi.
- Il dubbio: una trappola mentale che dice: “è inutile, non funzionerà mai, forse c’è un modo più semplice”.
Queste sono energie universali vissute da tutti gli esseri umani. È importante riconoscere che non sono un “problema”. Le energie diventano “ostacoli” perché la nostra abitudine condizionata è quella di ignorarle, resistere, giudicarle o tentare in altro modo di controllarle.
Eppure, quando vengono incontrate con consapevolezza e cura, queste stesse energie diventano una porta per una maggiore vitalità e risveglio spirituale.
Durante la tua pratica, se incontri una di queste energie stimolanti, può essere utile nominarla silenziosamente a te stesso, ad esempio “afferrare, afferrare” o “paura, paura”. Sii forte, invece di tirarti indietro, lascia che la tua intenzione sia quella di portare tutta la tua attenzione su ciò che sta sorgendo. Senti ciò che sta accadendo, sono sensazioni del tuo corpo, senza perderti nell’esperienza né spingerla via. Come indicato dall’acronimo RAIN, indaga su ciò che sta sorgendo e affronta l’esperienza con un’attenzione intima e compassionevole.
Quando si dissolve, ritorna all’ancora primaria della tua meditazione o riposa nella Presenza Naturale.
AVVERTENZA
A volte l’energia è troppo forte e non è saggio o compassionevole cercare di rimanere presenti con essa. Ciò è particolarmente vero se sei stato traumatizzato e stai provando profonda paura o rabbia. Se ti sembra “troppo”, sposta l’attenzione su qualcosa che porti un senso di equilibrio, sicurezza e/o amore. Potresti aprire gli occhi, ricordare a te stesso dove sei, ascoltare i suoni, rilassarti di nuovo attraverso il tuo corpo.
Potresti pensare a qualcuno che ti ama e ti capisce e percepire la sua cura che ti circonda. Potresti riflettere sul Buddha o sul Bodhisattva della compassione, Gesù, il Grande Spirito, tua nonna, il tuo cane o un albero preferito. Potresti offrire a te stesso frasi di gentilezza amorevole.
Medita su qualsiasi espressione di presenza amorevole che ti aiuti a sentirti meno separato o impaurito.
Se pensi che questo tipo di energie emotive siano difficili da gestire, potresti chiedere a un insegnante o a un terapista che abbia familiarità con la meditazione di accompagnarti mentre impari a navigare in ciò che sembra più intenso.
3. Provare dolore fisico
Oltre alla frenesia mentale e alle sfide emotive, è inevitabile che tutti noi sperimentiamo una certa quantità di spiacevoli sensazioni fisiche. Se non sei abituato alla postura, potrebbe esserci qualche disagio semplicemente nel modo di stare seduti. Inoltre, man mano che la tua attenzione si approfondisce, potresti diventare consapevole delle tensioni nel corpo che sono state ignorate a causa della preoccupazione del pensiero.
Oppure potresti essere ferito o malato e diventare più direttamente consapevole delle naturali sensazioni spiacevoli che accompagnano quella condizione. Meditare con del disagio fisico è lo stesso del processo di presenza con difficoltà emotive. Lascia che la tua intenzione sia quella di affrontare la spiacevolezza con un’attenzione gentile, notando come viene vissuta nel corpo e come cambia.
Consenti alla difficoltà di transitare nella consapevolezza, di essere circondato da una morbida presenza.
Per stabilire quell’apertura potresti includere nella tua attenzione suoni e/o altre parti del corpo che sono libere dal dolore.
Respira con l’esperienza, offrendo un’attenzione ampia e gentile. Sii consapevole non solo delle sensazioni fisiche, ma anche di come ti relazioni con esse. C’è resistenza? Paura? Se è così, lascia che queste energie siano incluse con un’attenzione indulgente e consapevole.
AVVERTENZA
Se il disagio fisico è intenso e ti sfinisce, dirigi la tua attenzione per un po’ su qualcos’altro. Va bene cambiare postura consapevolmente o usare mezzi come frasi di gentilezza amorevole o ascoltare suoni come un modo per scoprire un po’ di spazio e resilienza.
Non è necessario “resistere”. Questa è solo un’altra posizione dell’ego che solidifica il senso del sé separato. Allo stesso modo, non devi “arrenderti”. Invece, scopri cosa ti permette di trovare un senso di equilibrio e spaziosità e, quando puoi, lascia che le sensazioni immediate vengano ricevute con presenza.
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