Il paradosso della paura della vicinanza
Il paradosso della paura della vicinanza
Ho sentito di una donna che è caduta in strada per una banale storta e, non solo non è stata aiutata da nessuno a rialzarsi, ma ha rifiutato la mano dell’unico passante coraggioso (o incauto) che le si era avvicinato…
Cosa sta succedendo? Possibile che pochi mesi di distanziamento personale ci abbiano già cambiati così tanto?
La risposta ce la danno scienze come la Biologia, le Neuroscienze, la Teoria Evoluzionistica.
Ma andiamo per ordine: immaginate di essere uno dei passanti che assiste alla scena banale e ordinaria di una donna che cade in strada per una semplice slogatura di caviglia. Nel vostro cervello, prima di qualsiasi reazione conscia, si scatena una reazione biochimica fatta più o meno così: l’Amigdala dà un allarme generico, manda un segnale al vicino Ipotalamo e alle ghiandole pituitarie (nel cervello) che a loro volta mandano un rapido segnale alle ghiandole surrenali perchè producano Adrenalina e Noradrenalina e preparino il corpo all’azione. Il sistema digerente rallenta, i muscoli si contraggono, la pressione sanguigna aumenta, i peli del corpo si rizzano, la saliva diminuisce, i vasi periferici si restringono, il sangue è pompato nei muscoli e nel cuore.
Tutto il sistema volge all’azione. Il meccanismo appena spiegato prepara all’attacco o fuga, all’azione in ogni caso, e l’allarme funge da trigger (innesco) per non permetterci di stare in una situazione di potenziale pericolo. Dobbiamo pensare che il sistema che regola la paura e la protezione dai pericoli non è un sistema molto raffinato, è grossolano: se un conspecifico (un altro essere umano) cade, ci sarà un pericolo… solo dopo si può ragionare sulle cause. Tuttavia ad oggi subentra un condizionamento che vi avverte di un pericolo ben peggiore… e qui cominciano i guai.
L’essere umano è un animale sociale… vuol dire non solo che sta bene in gruppo, ma che in caso di vulnerabilità si salva solo con la vicinanza protettiva di un conspecifico. Quindi mentre voi siete annichiliti dalla paura per qualche istante, la povera malcapitata sta anche peggio: il suo sistema nervoso non riesce a decidersi se è in pericolo (e allora dovrebbe chiedervi aiuto) o se il pericolo siete voi (e allora dovrebbe fuggire)…Insomma un dilemma evoluzionistico.
Scene di questo genere si ripetono continuamente in questo periodo e denotano l’empasse psicobiologico in cui siamo finiti: abbiamo paura di ciò di cui abbiamo bisogno, il contatto umano.
Questo è un paradosso che ha colpito ogni ambito della nostra vita:
La famiglia:
Avete saputo che Greta Thunberg si è autoisolata dalla propria famiglia pur non avendo sintomi e non facendo né test né tamponi per proteggerli? Lo hanno fatto anche molti medici e operatori sanitari: esausti e stremati dal lavoro forse avrebbero desiderato un abbraccio di un figlio, marito, amante. E invece no.
Il lavoro:
I tempi sono così incerti, la crisi economica alle porte, ma la tendenza è quella di coltivare ognuno il proprio orticello.
La salute e la salute mentale
Una volta passata l’emergenza qualcuno si preoccuperà di veri e propri programmi di prevenzione primaria?
L’educazione:
Se non in casi sporadici non si sta pensando a nuove e creative soluzioni.
Il motivo per cui facciamo cose controintuitive è semplice: stiamo reagendo collettivamente alla paura. Come abbiamo visto ci sono solo due modi di reagire alla paura: attacco e fuga (più uno in realtà… il più estremo: il freezing). Ed ecco che il mondo si divide in due /tre categorie:
- quelli che si arrabbiano, polemizzano, se la prendono con chiunque perchè loro avrebbero fatto meglio, fino ai complottisti (attacco),
- e quelli che si isolano, si chiudono o addirittura negano le conseguenze nefaste del virus e dell’emergenza (fuga).
- Poi quelli così atterriti da sentirsi bloccati o che volonariamente si depersonalizzano passando le giornate in compagnia di serie tv (freezing).
La verità è che tutti (TUTTI) abbiamo paura, o almeno l’abbiamo avuta.
Con le conoscenze che ho sull’argomento posso dire che non usciremo facilmente da questa situazione se non impariamo a CALMARE il sistema nervoso.
Posso affermare con buona sicurezza che qualsiasi decisione prendiamo in ambito lavorativo adesso avrà ricadute sul nostro avvenire.
Posso dirvi che come nella traiettoria di un aereo uno spostamento di qualche grado oggi avrà ricadute distanti migliaia di Kilometri dalla nostra meta domani.
La paura è un’alleata così come lo è l’allarme di casa. Una volta che abbiamo controllato ogni stanza dell’appartamento, ogni angolo del giardino, non possiamo tenere acceso l’allarme h24… i vicini si lamenteranno e noi non dormiremo più, oltreché cesserà la sua funzione di tenere lontani i ladri.
Impariamo a spegnere l’allarme, coltiviamo buone relazioni e uno stato di calma vigile che non comporti l’allerta per ogni piccola cosa… e diamo una mano alle signore che cadono per strada!
Per uscire dal paradosso in cui siamo finiti, cioè per spegnere l’allarme della paura pur rimanendo vigili e cauti, occorrono azioni attive.
Di seguito qualche suggerimento:
- Coltiva azioni di padronanza: paga un conto, termina un lavoro, lava i piatti, finisci un progetto.
- Pratica Mindfulness: essere consapevoli è calmante di per sé
- Identifica ciò che è sotto il tuo controllo, lascia andare ciò che non lo è
- Ricupera le tue relazioni
- Sii grato per una piccola cosa
- Usa l’immaginazione
Le azioni suggerite sopra fanno parte di una categoria di azioni in cui è richiesto l’uso di una parte del cervello (la Neocorteccia) il cui funzionamento viene inibito se la paura prende il sopravvento.
Allenarsi a passare da un sistema all’altro non solo si può, ma è consigliabile per ripristinare prima possibile un buon equilibrio neurobiologico e relazionale.
Federica Di Vieste